Maestro zen + mille altre cose: come tutto ciò si connette

Ho praticato per più di quaranta anni lo zen della tradizione Rinzai, nei primi sei anni in una forma che oggi sarebbe irripetibile per intensità e impegno; insegnando e vivendo nel mondo occidentale contemporaneo, ho trovato alcuni metodi per rendere comprensibile la realizzazione del risveglio.
Capisco che qualcuno possa trasalire nel sentirmi parlare in modo così esplicito, ma è che non ho voglia di perdere tempo con moralismi riguardanti umiltà VS importanza e con altri simili articoli religiosi. Questo roba è solo il “profumo dello spirito” ed è del tutto non sostanziale, quindi andiamo al quid: a) prima si capisce che il fine di noi esseri umani è il risveglio… b) se si ritiene che la persona che ci fa di riferimento abbia raggiunto il risveglio… c) Se vediamo che possiamo realizzare anche noi in questa vita il risveglio, anche coi nostri difetti e la nostra stupidità (l’inappuntabilità dei maestri è un metodo e non un fatto dato che sono stupidi anche loro)… Allora si è sulla buona strada.

Infatti è così che possiamo incamminarci per realizzare OGGI il nostro risveglio ed è così che è nata la SOCIETÀ DEGLI INDIPENDENTI dove si sottolinea che il nostro sangha non è composto da seguaci ma da individui coraggiosi che praticano un metodo.

Questa riunione di maestri zen rinzai è avvenuta nel 2016 a Spirit Rock – Marin County CA – in occasione della trasmissione del sigillo inka che ha investito come maestro zen il monaco Teja Bell – che sto abbracciando alla mia destra – in tale occasione accolto da maestri zen rinzai di ogni provenienza
e dal direttore del centro di ritiro di Spirit Rock, Jack Kornfield.

Insegnare il Dharma vuole dire per me “permettere ad altri di esplorare quelle profondità dell’esperienza che ti portano a realizzare come è essere davvero se stessi, e non in base a un qualunque descrizione ma dalla più potente esperienza spirituale SENZA SUPPORTO; il che è sempre una sorpresa. E’ una condivisione che sempre ci lascia in silenzio e che ci rinnova. Rinnova anche i maestri, anche se non lo dicono. Il “se stessi nell’eternità” è il massimo mistero”.  Questa volta cito me stesso, forse perché questa messa a fuoco è SOLO di questi tempi strani e potenti.

Questo il primo progetto grafico del 1998 per il simbolo del nostro Sangha.

…E per i più birichini: una biografia fotografica

QUA UN VIDEO

Durante un ritiro in una grotta alle pendici dell’Himalaya, a Tso Pema, dopo due giorni, mi apparve scolpito su di una parete il mantra che segretamente stavo praticando proprio allora, Non ci credi? Neanche io; però la sai una cosa? so che è successo davvero. Vedere non è credere e ACCORGERSI non è NEGARE o SPERARE altrimenti si vive di sogni disperati, siano essi “spirituali” o cinicamente materialisti. In entrambi i casi la coscienza profonda – il puro testimone – ronfa.

Preparazione del Primum Ens Melissae
il numero d’iscrizione 022 è aggiornato al Settembre 2022
Con il XXII Gomo Tulku Sonam Rinchen eccomi all’estrema sinistra e poi subito a destra Rocco, Otello Balducci, Michele Oliva, Cristina Masina, il traduttore Pempa Tsering, Muriel Chierici e Renato Mazzonetto.

Al Meditation Mount durante un percorso meditativo fra rocce e piante medicinali.

Corallo Reginelli mi scrisse: “Non per esperienza ma per abitudine si parla in tante tradizioni di morte iniziatica, di morire a se stessi, ma per noi ora che vediamo il sole-amore, e siamo soli, sono soltanto vuote parole d’un passato che non è più reale”.

Leo trentenne assieme a Corallo Reginelli (92) presso la sua abitazione meranese

Leonardo è stato istruito in seno alla stessa fratellanza dalla quale il Maestro armeno Georges Ivanovic Gurdjieff trasse l’essenza del proprio insegnamento, fratellanza molto attiva nella Russia europea di inizio novecento che accoglieva ricercatori di ogni
indirizzo filosofico e religioso. A Ojai (CA), USA, ha collaborato con organizzazioni educative tenendo i suoi workshop presso il Meditation Mount, ove insegnarono Annie Besant, Petrovna Blavatsky, Roberto Assaggioli e Paramahamsa Yogananda; ha tenuto un corso partecipato anche dall’Italia presso la Krishnamurti Foundation, la sede e l’abitazione dell’educatore e filosofo Jiddu Krisnamurti.

Ospite nell’appartamento di Jiddu Krishnamurti presso la fondazione che porta il suo nome a Ojai (CA)

Leonardo Anfolsi vive sull’Appennino tosco-emiliano con la compagna Grace Hsiao-Lin Bardin, discendente della famiglia imperiale Tchao – regnante durante la dinastia Sung – e bisnipote degli ultimi mandarini mandati all’estero dall’ultimo imperatore – dinastia manciù/quing – Puyi (1906 – 1967). Anche lei è naturopata e guaritrice, oltre che risvegliata.

Leo ha realizzato il percorso di autodeterminazione raggiungendo la posizione di Osservatore dei Diritti Umani (HRD) ed è considerabile in sé come Corpo Consolare in quanto Legale Rappresentante e Amministratore/Trustee del trust ad alto scopo umanitario che porta il suo nome, ed avendo infine ricevuto dalla Agenzia delle Entrate il codice fiscale di Ente Extraterritoriale (990000). – [per la mia pagina riguardante il trust [vedi QUA]]

Leo con un gruppo di allievi/amici a Kathmandu assieme al Maestro bonpo Tenzin Wanjall

Leo ha fondato nel 1992 una associazione culturale di libera ricerca interiore tramite la quale ha organizzato con i suoi allievi, o ispirato loro, attività di volontariato e lavorative.

A firma di Giorgio Raspa, Presidente dell’Unione Buddhista Italiana l’egida alla fondazione di un tempio negli USA

Il Progetto Mumonji – nel 2018 – è stato riconosciuto dalla Unione Buddhista Italiana (Presidenza Giorgio Raspa), per organizzare i finanziamenti e fondare un Luogo di Meditazione in California. Il progetto si è poi spostato dagli USA, di nuovo, in Italia in tempo utile, prima della psicopandemia. In Italia, Leo continua la sua opera con il progetto della Società degli Indipendenti, raccogliendo fondi per una biblioteca pubblica, principalmente di testi buddhisti, che di altre tradizioni e provenienze, sul tema della pratica spirituale. Leo intende accogliere questa collezione meravigliosa di testi presso il Tempio Mumonji che realizzerà entro il 2026.

Una testimonianza che uso semplicemente per fare presente la differenza fra “dire” e “fare” e per incoraggiare chi vuole imparare quanto io ho imparato.

Testimonianza della Dott.ssa Antonella Russo – odontoiatra

Durante la mia pratica professionale di odontoiatra ho avuto l’occasione di incontrare un paziente davvero peculiare: il Signor Leonardo Anfolsi.

Necessitava di numerosi trattamenti di conservativa su elementi dentari che presentavano estese e profonde lesioni cariose, in prossimità della camera pulpare. Interventi estremamente dolorosi che richiedevano un supporto anestetico. Ma il Signor Leonardo Anfolsi mi espresse la volontà di non ricevere nessun tipo di anestesia.

La peculiarità del Signor Anfolsi di cui parlavo non consisteva tanto nel rifiutare la anestesia, perché altri pazienti per motivi diversi sono costretti a non beneficiarne, bensì nel modo in cui giorno per giorno gli ho visto vivere l’esperienza del dolore.

Normalmente il dolore lo si affronta resistendogli, cioè in genere lo si subisce a “denti stretti”, comunque soffrendo: ma così non fu per questo paziente.

Sono abituata a constatare come la mimica facciale ed il linguaggio del corpo esprimano in modo inequivocabile la lotta tra la volontà di resistere e la percezione del dolore sempre più insopportabile. Nel Signor Anfolsi non ho riscontrato nulla di tutto questo.

L’espressione distesa del volto, lo sguardo tranquillo, il più delle volte divertito, non comunicavano che stesse vivendo un’esperienza dolorosa; anzi nei momenti di pausa, quando gli chiedevo se gli facessi male, talvolta, si faceva una sonora risata, come chi non avesse a tal proposito alcuna preoccupazione, lasciandomi stupita e pensosa: cosa c’è di così “umoristico” nel sentirsi trapanare in profondità un proprio dente ?

Voglio spiegarmi meglio: l’anestesia blocca la percezione dello stimolo doloroso, ma il paziente L.A. mi riferiva di provare una gamma di sensazioni di segno opposto; di piacere, di benessere e di gioia come se la sensazione dolorosa si fosse trasformata in una sensazione piacevole.

Conoscendo meglio il paziente ho constatato che non ha nulla nel comportamento che possa ricordare lontanamente il masochismo, pare piuttosto che abbia una maggiore vitalità rispetto alla media, grazie alla quale riesce a trasformare il dolore.

Come odontoiatra non credevo possibile una simile capacità ed io stessa, incuriosita, ho provato a considerare la cosa sotto vari aspetti usando tutta la mia conoscenza in materia, la mia razionalità, certo, ma anche la mia capacità di ascolto. Alcune volte mi sembrò per giunta ritemprato dalla cura che avevo appena svolto e magari, nel mentre, si era pure addormentato.

Dott. Antonella Russo