UN VERSO DI UNA PREGHIERA TIBETANA:

ཆོས་ཉིད་ཟད་སར་གྲོལ་བར་བྱིན་གྱིས་རློབས།། chönyi zé sar drolwar jingyi lob – Inspire me to find freedom in fenomenal reality.

Ispirami nel trovare la mia libertà nel sentirmi esausto della realtà fenomenica. Questa frase sembra rinunciataria ma vuole dire in quella cultura un’altra cosa: conoscendo degli yoghin veri, si può capire che vivono in una sintensi fra umiltà personale ed orgoglio “vajra” che vuole dire – per farla breve – “divino”, etimologicamente “adamantino/folgorante”.

Leggendo, però, mi è venuto qualche dubbio sulla corretteza di tutta la traduzione perché, in realtà, i tibetani dicono “jingyi lob” intendendo un po’ più “potenziami” che “ispirami”.Domanda: e se al posto di ESSERE STUFI DELLA REALTA’ FENOMENICA la frase “exhaustion of phenomenal reality” volesse dire invece CONSUMARE LA REALTA’ FENOMENICA, cioé – per spiegarci – “esaurirla”?

Ebbene, questo sarebbe anche il risultato di diverse pratiche. Fatto sta che basterebbe soltanto aggiungere – in inglese – un “the” e avrei ragione, vediamo: “Inspire me to find freedom in the EXHAUSTION OF THE fenomenal reality”.

Certo, sono sfumature ma… Guardo la faccia del traduttore e capisco. Che sia una traduzione un pochinino “woke”?

Faccio un altro esempio, ora ve l’ho riportato del tutto in italiano. si tratta della Preghiera a Drukpa Kunley di Trulshik Adeu Rinpoche.

Chi è Drugpa Kunley? Un maestro che realizzò la via dell’onnipotenza, noto per il suo carattere folle (dicono i tibetani) cioè molto gioviale, ridanciano, donnaiolo, distaccato ma benevolo, umano eppure severo: capiva tutti, li aiutava (dharmicamente), ma anche li scorticava vivi (umanamente). Frequentava chi era sulla soglia del Grande Cambiamento, cioé bambini, vecchi e donne.

Aveva grande rispetto per i monaci “coi voti intatti”, mentre derideva tutti gli altri – fra cui diversi “grandi rimpoche” – aggrappati alla religione (mentre oggi facciamo il contrario che fa schifo uguale) mostrando di colpo che per lui un elemento valeva un altro, l’aria può essere solida e la terra diventare liquida, che la morte non esiste, che tutto ritorna alla luce, ma che può ritornarvi anche in modo cosciente, individuale, esplosivo e quindi collettivo, dato che l’onda d’urto dello splendore scavalca ogni altra e – quando serve – la annienta.

དུས་གསུམ་རྒྱལ་བའི་ཡེ་ཤེས་རྫུ་འཕྲུལ་གར། ། dü sum gyalwé yeshe dzutrul gar – La danza magica della saggezza dei vincitori dei tre tempi,

གདུལ་བྱའི་མགོན་དུ་ཤྲཱི་ཧེ་རུ་ཀའི། ། duljé gön du shiri heruké – Si manifesta sotto forma di Śrī Heruka (Divinità d’Elezione),

རྣམ་པར་རོལ་པ་གྲུབ་པའི་སྤྱི་མེས་མཆོག ། nampar rolpa drubpé chimé chok – Protettore degli esseri-da-addestrare e supremo progenitore dei siddha (possenti maghi).

ཀུན་དགའ་ལེགས་པའི་ཞབས་ལ་གསོལ་བ་འདེབས། ། künga lekpé zhab la solwa deb – Kunga Lekpa, ai tuoi piedi prego:

གཟུང་འཛིན་སྣང་བ་ཆོས་ཉིད་ཀློང་གྲོལ་ནས། ། zungdzin nangwa chönyi long drol né – Ispirami a liberare la mia percezione dualistica nella distesa sconfinata della dharmatā (stato/suono/natura della-realtà)

བླ་མ་ཁྱེད་དང་དབྱེར་མེད་བྱིན་གྱིས་རློབས། ། lama khyé dang yermé jingyi lob – E rimanere inseparabile da te, o guru.

IL CHE SIGNIFICA DIVENTARE COME LUI (LEI) MA A MODO TUO.

LA MENTALITA’ WOKE NON PUO’ CAPIRE QUESTA CONDIVISIONE SUPERIORE PERCHE’ VUOLE VEDERE SOLO GENTE STRISCIARE IN PREDA AI PROPRI TRAUMI PRETENDENDO CHE – FACENDOLI ESSERE PERVERSIONI – SIANO IL MEGLIO DELLA VITA (AL POSTO DI TRASFORMALI RIPORTANDOLI ALLA LUCE DALLA QUALE PROVENGONO IN QUANTO ESPERIENZA).

E LA MENTALITA’ VETERO-RELIGIOSA NON PUO’ CAPIRLA PERCHE’ SI IMPOSTA UNICAMENTE SULLA DIPENDENZA E LA SUDDITANZA.

L’AMORE E’ UN’ALTRA COSA, FACCIAMO COSì, DAI.

Qui, pubblicato da Shang Shung Edizioni – la casa editrice della Comunità Dzogchen – ecco la traduzione di Elio Guarisco con la mia cura, dalla biografia in tibetano di Ghese Ciapu. Messo l’ultimo punto della traduzione, si scatenò una serie di profumi celestiali. Ci guardammo esterefatti Elio ed io: lui, in osservanza al più pazzo dei maestri, emanò un severo e sonoro peto.