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Oramai da molto tempo è in uso nel buddhismo zen delle tre scuole principali – come fattore di accettazione del percorso zen – l’affermare da parte dei praticanti 4 voti che sono degni, sensati, ineludibili per chi vuole meditare e realizzare l’illuminazione. E’ difficile considerare questi voti “alla lettera”, visto che hanno molte implicazioni culturali e filosofiche – per esempio sarebbe difficile già solo “salvare” tutte le farfalle che cadono nell’acqua – quindi mi sono permesso di commentarli.

COSA SONO I QUATTRO VOTI

(1) Salvare tutti gli esseri = Capire che non mediti solo per te ma per ogni amico, parente, conoscente, anche per chi ti esecra o ti odia, e capire che sei unito ai maestri di ogni tempo, anche del futuro, anche quelli che ora sono neonati e nel grambo della loro mamma. Se realizzi l’illuminazione salvi infiniti esseri, e così anche quando entri nella meditazione profonda. C’è un nesso infinito, un nodo vivente fra la tua meditazione, la libertà tua e quella di tutti. E’ come se tu danzassi e tutti provassero sollievo. Meditare nudamente, con furore e gioia, senza tregua, facendo niente di speciale e “lasciando che l’erba cresca da sé” si realizza il risveglio/satori, la danza suprema.

Potresti contestarmi “come faccio a salvare tutti gli esseri se non sono ancora un Buddha, un illuminato?” Li salvi in ogni caso quando mediti, cioé quando al posto di “ricordarti com’è essere Buddha” o di scuotere la testa o sentirti impaziente per ciò che non saresti, ti profondi invece nella meditazione in modo da dimenticare tutto; allora mentre al contempo non sai niente ma anche spazi nella gnosi più fulminante e beata, ecco che sei Buddha senza nemmeno chiedertelo. Nel frattempo il maestro ti tempesta. Le prime volte dici: “Aha! Ora sì che sono Buddha!” Perché ti esalti nell’esplorare silenzioso questo nuovo stato di coscienza. E poi subito dopo “Nooo, niente, credevo ma no” perché ti sei inventato un motivo per il quale ti senti incompleto. Proseguirai così per un po’ fino a che ammetterai che non te ne frega niente di essere questo e quello perché l’intensità della pratica corrisponderà a quella della tua vita, continuamente, esplosivamente, normalmente fino a che, un bel giorno si sfonderà il secchio di lacca e rimarrai così. In quel frangente saprai che non si torna più indiero dal satori ma, ancora una volta, capirai che dovrai viverlo in molteplici forme.

Ma, aspetta… Non era forse questo, comunque, il tuo modo di vivere anche da non-Buddha? Non volevi anche allora profondarti nella meditazione, come in ogni atto, senza metterci in mezzo insensatezze? Hai capito che proprio spazzare per terra e dare lo straccio è salvare tutti gli esseri?

(2) Estirpare tutte le brame = Perché le brame non ti permettono di godere della vita, del camminare/respirare, del cibo/nutrimento, del sesso/amore, dato che ti derubano di tutto e ti costringono “a inseguire la lepre” per sempre: vorresti camminare di più, oziare, guadagnare, respirare e mangiare di più, più più più; vorresti perfino “ESSERE PIU’ LIBERO”!

In quella dimensione anche il “di meno” è comunque di più, perchè vorresti, che so, mangiare di meno ma per essere più magro. “Desiderare” è vita e ognuno di noi è chiamato ad essere a corpo unico coi propri desideri più profondi e veri. Per un materialista il desiderio profondo è sopravvivere e farsi spazio attorno, così gli hanno insegnato. “Brama” è la compulsione a desiderare il desiderio stesso per sentirsi vivi e va estirpata con risolutezza, quanto invece il desiderio profondo che le dà vita e consistenza va attuato e usato come combustibile divino.

Quale è il primo desiderio profondo? E’ alla base della nostra “identità” ed è essere tutto, ma senza cupidigia, dato che si tratta di fruizione perfetta e immediata. Si è, allora, ciò che si è da sempre: da un tempo senza inizio. Ho detto “essere tutto”, non “arraffare tutto”. Ma perché, invece, molti inseguono la brama? Perché non ricevi – non vedi – il premio che è nel tuo stesso vivere, nel mistero del più nudo camminare & respirare. Per qualcuno – camminare e respirare – sono roba fisiologica ben documentata; per altri ciò resta un mistero beato e insondabile. Ma ci hanno insegnato a restare frustrati e a ritenerlo normale in attesa di una salvezza religiosa o biotecnologica.. Chi non ha capito questo mistero vorrebbe (soprav)vivere per sempre, perché è già morto dentro e non lo sa, e “crede” nella scienza. Anche l’impegno verso scopi, persone e situazioni può essere libero da brama, come anche praticare meditazione.

Perciò guadagnare denaro – per chi vede – è fatto con questa sovrana libertà, sapendo che le porte divine sono la cosa più potente e spalancata che c’è, grazie alla tua gratitudine e al tuo ascolto delle forze viventi in movimento. Fuori dalla brama TUTTO diventa spirituale, ma succede solo quando lasci andare le brame del “di più” per seguire l’ispirazione celeste e l’aura che l’accompagna. La qualità del vivere non consiste nel raggiungere una quantità sancita – che va comunque gestita e non sancita – ma nell’accensione del vivere stesso in tutto il suo coemergente e vivente mistero; questo mistero vivo ti gestisce e ti dà ciò di cui hai precisissimamente bisogno, dato che è l’eternità/te-stesso, il te stesso infinito quando le maschere cadono.

Il “non-io” non è la “mancanza di ego” di cui parlano i domenicali, ma è una esperienza oceanica, enorme e precisa. Sono due modi di vivere: uno è pura magia, l’altro è “immoto scalpitio”, una è la cena mentre l’altra è solo il menù scritto da un cuoco ubriaco. Non ti distrarre.

(3) Comprendere tutte le Leggi = In un solo sguardo “realizzare la nostra inifinità” vuole dire che implicitamente capisci tutti i fenomeni, non ti chiedi nemmeno “cosa stanno a fare proprio là” oppure cose oziose del tipo “da dove vengo, dovevado, chisono…” perché tutto è splendente nella sua nuda evidenza, dato che tutto ora è in “ordine” nella tua vista e armonicamente connesso a tutto, anche mentre stai starnutendo o hai perso il treno.

Non è così perché lo pensi, ma perché lo vedi col tuo occhio/volto. Forse è questo che tutti i non-buddhisti chiamano “Dio”, ma questo infinto splendore, nel buddhismo, non costituisce una realtà personale e separata. Ognuno la pensi come vuole, ma non è forse più importante liberarsi dal pensato e fare il migliore uso del nostro pensiero più libero e alto? E se essendo ciò che è scomparisse e diventasse tutto?

Le “Leggi” di cui si parla qua sono – secondo la filosofia buddhista – una particolare accezione di “dharma” nel senso di “fenomeni coemergenti”, come c’è anche Dharma inteso come “insegnamento” e poi infine Dharma in quanto realtà-come-è; Lu Kuan Yu avrebbe reso la differenza come ho fatto ora, con maiuscole e minuscole, Paul Harris si compiace invece di tradurre come era dalla lingua pali del Gandhara, senza distinzioni, chi capisce capisce. Per il buddhismo non esistono fenomeni separati, ma tutto e ogni cosa è collegata indissolubilmente e ogni goccia/particolare di questo oceano perfettamente coerente “sorge”, cioé emerge, grazie a tutto quello che è per come precisamente è. Una legge, in tal senso, non ha bisogno di essere scritta o decodificata, basta che funzioni. Cercare la verità è solo una pallida profezia del VedereLaRealtà senza-avere-bisogno-di-aggiungervi-dotte-considerazioni. Summa scientia nihil scire.

4) Realizzare l’Illuminazione = Se lo vediamo come un voto, per molti vuole dire impegnarsi in un percorso con un maestro che possa darti un “metodo che si autoelimini” col tempo in una totale spontaneità illuminata. Di converso, da quanto ho visto, chi pretende di arrivare a ciò “spontaneamente” – ma senza una comunità con sé e senza un maestro e un insegnamento diretto alla sua propria individualità – molto probabilmente si illude. Almeno: io posso dire che senza la spinta delle mie Sorelle e Fratelli – e senza il Maestro che mi ha rotto le scatole – non sarei riuscito a compiere la mia vita spirituale dato che, pure io, non volevo maestri e che non ammettevo di essere presuntuoso, dato che oggi va molto di moda sentirsi “libero & spontaneo”. Allora? come mi passò il “mal di capo”? Capii che quell’uomo aveva qualcosa di speciale, pur essendo – per altri versi – come tutti gli altri. Ed anche capii che pure io avevo qualcosa di speciale, come anche tutti quelli che meditavano con me. Che sorpresa! E che sollievo è smettere d’essere autoreferenti!

Ma un’altra cosa che mi sorprese dal momento nel quale ebbi l’esperienza fenomenica del risveglio – satori – era che nonostante questa esperienza fosse fuori dal tempo, e potente oltre ogni dire, in realtà mi apparteneva da sempre. Soprattutto mi ricordava come da bambino percepivo il mondo.

L’ultimo aspetto della faccenda è che da “illuminato” ora mi tocca giocare tutto sul tavolo verde, senza alcuna possibilità di dire “Aha! So già cosa devo fare…”. Il che mi fa essere un individuo normale che deve vivere da buddha essendolo in ogni compito in cui è ingaggiato: da bravo o sbagliando, ma sempre vincendo nella luce che compie i miei gesti, ovvero, sempre essendo a “corpo unico” con ogni mio gesto, pensiero, azione, sentimento, emozione. Non c’è alcuna umana perfezione nell’illuminazione, nessuna rincorsa verso un “trascendente”, ma solo vita completamente dispiegata, meravigliosamente accecante in ogni direzione.

Il divino contagio funziona da sè, e così maestro e discepolo si incontrano senza posa. La vertigine della vita risvegliata ti attende nell’intensità della meditazione, meditando-meditando-meditando quando vinci aspettativa, noia, forzature perché è lì che ritroviamo noi stessi LIBERATI IN VITA. Però dopo DEVI camminare, DEVI respirare, DEVI lavorare eccetera… da un tempo senza inizio, ancora prima che qualcuno ti parli di nascita e morte, di reincarnazione o illuminazione, di peccato e salvazione, di “te ne vai per sempre” e di “risorgerai no te preocupe”, perché sei nudo anche se vesti un frac, a corpo unico col mondo anche se ti chiudessero in una scatola, quindi non te ne frega niente delle opinioni, perché respirare – così – è tutto quello che c’è.

Così vivi libero, e Buddha dice che vai bene così, e ora sai che “vai bene così” anche se non te lo dicesse lui, perché lo scopri da te. Thatha-gata = “colui che viene e va allo stesso modo (di tutti i Buddha?)”.

Così anche un Buddha super-illuminato (chissà come ve lo immaginate!) può dire “faccio voto di realizzare l’illuminazione” perché realizza l’illuminazione ad ogni respiro, gli succede ad ogni respiro nel respirare stesso. Per lui “faccio voto” è un silenzio assordante che è il vero “fare voto”.

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