Se non lo vedi non ci credi…

Se io “CI SONO” un dubbio dovrebbe sorgermi, se qualcosa di NON PENSATO ma di fattuale potrebbe stupirmi, che so, un fiore, un’alba, un tramonto. Un gatto. “Ah, ma…” dice lo sfortunato “tutto ciò è solo romantico, emozionale, non sos-tan-ziale…”. Ecco, questo è il modo di ragionare di chi è rimasto incastrato nella propria scatola cranica ed è passato dal fideismo religioso a quello scientifico. D’emblée. Prima tutti in ginocchio, poi tutti con l’occhio al micoscopio, seguendo la logica inevitabile (abitudinaria) dell’ipse dixit; e poi supponendo di essere “possibilisti” il Venerdì, ma nei fatti essendo dogmatici il Sabato, se non nazistalinisti Domenica.
Si riesce a capire il mistero della morte percependo il FATTO che è impossibile sparire. Ma anche sul “comparire” dovremmo mantenere un sano dubbio. Peraltro è curioso quanto sia comune la confusione fra vita e esistenza, ma soprattutto la pervicace opinione dicotomica che vuole la morte essere il contrario della vita e non il mero completamento della nascita, ovvero il finale della sola esistenza.
Ma è questo il punto: chi ha smesso di stupirsi della VITA ovvero dell’ESSERE, vive in uno scenario teatrale di cartapesta dove niente è vivo, crede di essere in uno stato di neutralità sufficiente per decidere se il suo essere esista davvero, se è eterno, divino o solo materico, sensibile o metafisico, se non trascendente, ma più facilmente si convincerà di essere precisamente il suo corpo fisico e che quindi il suo preoccupatissimo “essere” (= sopravvivere) sarà certamente incalzato dall’entropia universale: costi quel che costi, dovrà essere proprio come pensa lui! Mamma che paura che c’ha! (mentre nel frattempo si allena alla nonchalance)
Sì, è il suo “frattempo” che diventa imbarazzante per tutti, perché le sue convinzioni lo porteranno a costringere tutti a dover ragionare meccanicamente/istintualmente, a sentirsi liberi poichè pervertiti, che secondo lui è l’unica soluzione per bloccare la deriva “esoterica”, cioé entropica! La sua possessione maniacale lo porterà a voler vivere per sempre e a impiantarci protesi tecnologiche, microchip e a farci inoculare sostanze utili a farci stare mediamente bene o, altrimenti a renderci sterili, se non a eliminarci.
Che il senso della nostra “identità” sia stato addomesticato in modo banalizzante e patetico, viene chiaro a chi capisce di essere incastrato nella mentalità temporale di un certo, definito secolo. Non è un problema, dai, basta solo gestire la pazzia collettiva quando esplode. Prima i poverini avevano paura del diavolo ora ce ne hanno del vairuz.
Se il senso della identità nostra ci è misterioso possiamo incalzarlo vivendolo senza averne una idea ma cadendoci dentro DA SEMPRE. Perché? Perché fuori dalle opinioni e dalle direzioni il tempo scompare se restiamo nel silenzio della meditazione. Quello che i neurorientati credono sia smarrimento o perdita di tempo si rivela essere invece, al contempo, il seme, la foglia, il frutto e la radice dell’esperienza dell’identità.
Quando torna, poi, il tempo? Che succede? Niente, è che non è mai esistito come nemmeno è mai esistita la nostra “identità ristretta” dato che è solo descrizione. Tutte le nostre opinioni sono NARRAZIONI, chi lo sa capisce di essere libero da ciò che pensa e vede che la propria identità è la stessa di quella dell’universo intero, in tutto il suo sconfinato mistero.
Quando lo hai digerito/praticato sai che ad ogni passo – non solo quando mediti – ti tuffi nel tutto/uno/infinito/nome/zero allo stesso tempo. Ad ogni passo, senza sapere niente ma vedendo tutto.
Ora, per capirsi, necessitano alcuni paradossi. Chi resta nella scatola cranica non li potrà capire. Cosa fare, dunque, per liberarsi dalla cartepesta e accedere alla Vita Reale?
Medita tanto nel silenzio assordante delle galassie e cammina fra la polvere delle stesse galassie lontane, che è quella stessa polvere che cerchi di pulire con uno straccio. Non eviti di andare-verso-il-lasciar-andare proprio mentre siedi in silenzio e mentre cammini, ma è meglio che lo fai prima che le abitudini ti catturino. Ci riesci di sicuro quando impari a meditare senza chi medita, mentre mediti non meditando. Paradossi viventi. Misteri. Quando ti succede lo capisci.
Se non hai capito, non serve che tu ti senta stupido o inadeguato, e non serve che tu me ne parli o chieda, basta che esci dalla scatola e che ritrovi il senso ascoltandolo, vivendolo nella meditazione per vederlo ovunque.
Leonardo Anfolsi Reiyo Ekai
Sulla meditazione più nuda: https://leoanfolsi.com/zen/